Il Ministro dell’Interno, anche in recenti dichiarazioni, rassicurava i
Sindacati di Polizia ma soprattutto i cittadini, affermando che i
livelli di guardia non sarebbero stati abbassati in tema di sicurezza e
ordine pubblico. Ora, però, dopo aver appreso dai vertici del
Dipartimento di P.S. che, per avere un risparmio di circa 65 milioni di
euro, si ha l’intenzione di chiudere decine di distaccamenti, della
Polizia Stradale, Polizia Ferroviaria, Squadre Nautiche, Sezioni di
Polizia Postale,quest’ultima passerebbe dagli attuali 100 uffici tra
Compartimenti e sezioni a 26 uffici, di cui 20 Compartimenti più le sei sezioni sedi di
Procure DDA, la cui sede non combaci con i Compartimenti, ci chiediamo
quale sia il concetto di questo Governo su “Livello di guardia” poiché
intendono ridurre gli organici del personale e i relativi posti di
funzione dirigenziali che, inevitabilmente, si contraggono. Se poi si
aggiunge l’ipotizzata chiusura di uffici di polizia complessi come le
Questure, paventato dal Ministro dell’Interno, l’effetto negativo sui
livelli di efficienza per la sicurezza dei cittadini e delle arterie
stradali sarà assolutamente inevitabile, come non sarà sostenibile il
maggiore carico di lavoro sugli Operatori di Polizia. Difatti, chi
conosce l’organizzazione della Polizia di Stato - e il Ministro
dell’Interno si ritiene, dovrebbe conoscerla, è comunque un Prefetto -
sa bene che una Questura è strutturata in diversi Uffici o Divisioni,
con diversi livelli di responsabilità, secondo la difficoltà e la
complessità del territorio, dei provvedimenti amministrativi,
investigativi, giudiziari di ordine pubblico e controllo coordinato del
territorio ecc…, che invece un Commissariato ha in misura minore.
Pertanto una mancata e demarcata suddivisione dei compiti tra i vari
uffici, non potrà che avere un effetto molto negativo nella gestione
dell’ordine pubblico e nell’attività di prevenzione e repressione dei
reati.
Ciò nonostante, pare proprio che si voglia incidere direttamente sulla rete capillare dell’organizzazione territoriale della Polizia, negando peraltro il confronto con i Sindacati, in continuità con le politiche del governo Berlusconi, evitando così di concertare soluzioni razionali e praticabili per ridurre gli sprechi ed essere più efficienti. Difatti, fatichiamo a capire che risparmio ci sarebbe nel chiudere i Posti Polfer o le Sezioni di Polizia Postale, giacché lo Stato non paga un centesimo per l’affitto e per la gestione degli stabili che, invece, è a carico delle rispettive società. La paventata riduzione del 20 % del parco veicolare in dieci anni andrebbe a incidere soprattutto nei servizi di prevenzione e di ordine pubblico (Volanti, Reparti Mobili, Stradale, etc), poiché, com’è noto, la maggior parte delle vetture utilizzate dagli Uffici investigativi (Squadre Mobili, Squadre di P.G., etc), sono confiscate e poi assegnate dall’Autorità Giudiziaria, quindi non comprate dall’Amministrazione!
Siamo dell’idea che la controllo della spesa pubblica sia necessaria, inevitabile, per evitare che il processo degenerante della finanza pubblica diventi definitivamente patologico. Ma l’obiettivo si deve raggiungere attraverso la razionalizzazione graduale e organica delle risorse disponibili, attraverso una diversa visione strategica della sicurezza sul territorio. Quando prospettato dal Dipartimento di P.S., ci appare un tentativo di “riorganizzazione” già proposto anni addietro, mascherato oggi dalla spending review del Governo, che non possiamo condividere, sia per il metodo utilizzato sia per i contenuti di merito, i quali dal nostro punto di vista, risentono di una strategia organizzativa complessiva che ha il respiro corto.
Le scelte concernenti i tagli della sicurezza devono rispondere a criteri di oggettiva aderenza delle mutate esigenze della società, con una specifica e puntale definizione di un rinnovato quadro di regole, competenze specialistiche e funzioni, rispetto agli obiettivi istituzionali di ogni singola Forza di Polizia civile o militare.
L’agenda del “ragioniere” in questo delicatissimo settore non paga e crea altre problematiche, tensioni e confusioni. Questa dovrebbe essere l’occasione per eliminare del tutto le sovrapposizioni di ruoli e interferenze varie, d’altronde le normative europee in materia di sicurezza e ordine pubblico già lo chiedono, le quali si traducono sovente in uno spreco di risorse ed energie professionali. Va perciò valorizzato il coordinamento delle Forze di Polizia sul territorio, ma attraverso l’univocità della direzione di tutte le forze in campo, cosicché il sistema possa reggere il passo con le mutate esigenze sociali e finanziarie; cosa che a oggi è solo rimasta scritto e non applicato nella legge 121/81.
Non è utopica la prospettiva di un’efficace razionalizzazione del sistema sicurezza Paese, ma non si può affrontare il tema con il distacco del professore o del tecnico poiché noi non siamo un’azienda privata, ma un’articolazione necessaria dello Stato, Noi siamo un pezzo importante di Stato.
Di fronte al dramma delle degenerazioni violente, del crimine organizzato e del terrorismo, sui poliziotti si scaricano tutte le tensioni sociali, politiche incombenti e irrisolte, che non hanno trovato soluzioni in altre sedi. La Polizia non può affrontare senza gli adeguati mezzi e un’organizzazione forte ed efficiente, se il Governo e il suo ministro dell’Interno non comprendono ciò, significa che non hanno la sensibilità politica e culturale per comprendere il nostro ruolo e il valore della nostra missione nello Stato democratico, allora è il caso che torni nelle università da dove sono venuti.
Rimane prioritario il confronto dialettico e sinergico tra chi è deputato nel Paese a produrre sicurezza e chi governa in nome del popolo, noi come cittadini e Sindacato dei Poliziotti, siamo una sua parte.
Chi è deputato a decidere delle sorti della sicurezza non può farlo nel dorato isolamento dei palazzi governativi, inevitabile quanto necessario è il dibattito con le rappresentanze degli Operatori della sicurezza.
Costatiamo che la via intrapresa anche da questo governo continua a considerare la sicurezza, una spesa e non un investimento, precondizione della tenuta democratica e condizione necessaria per lo sviluppo e la crescita del Paese. Se poi il Governo, dopo le nostre lamentele e indicazioni nelle sedi istituzionali preposte, dovesse continuare a essere sordo e cieco, è chiaro che noi del S.I.A.P. e dell’ANFP siamo determinati a farci sentire e notare, con tutti gli strumenti che la Costituzione Italiana ci consente di utilizzare.
Roma, 07.06.2012Ciò nonostante, pare proprio che si voglia incidere direttamente sulla rete capillare dell’organizzazione territoriale della Polizia, negando peraltro il confronto con i Sindacati, in continuità con le politiche del governo Berlusconi, evitando così di concertare soluzioni razionali e praticabili per ridurre gli sprechi ed essere più efficienti. Difatti, fatichiamo a capire che risparmio ci sarebbe nel chiudere i Posti Polfer o le Sezioni di Polizia Postale, giacché lo Stato non paga un centesimo per l’affitto e per la gestione degli stabili che, invece, è a carico delle rispettive società. La paventata riduzione del 20 % del parco veicolare in dieci anni andrebbe a incidere soprattutto nei servizi di prevenzione e di ordine pubblico (Volanti, Reparti Mobili, Stradale, etc), poiché, com’è noto, la maggior parte delle vetture utilizzate dagli Uffici investigativi (Squadre Mobili, Squadre di P.G., etc), sono confiscate e poi assegnate dall’Autorità Giudiziaria, quindi non comprate dall’Amministrazione!
Siamo dell’idea che la controllo della spesa pubblica sia necessaria, inevitabile, per evitare che il processo degenerante della finanza pubblica diventi definitivamente patologico. Ma l’obiettivo si deve raggiungere attraverso la razionalizzazione graduale e organica delle risorse disponibili, attraverso una diversa visione strategica della sicurezza sul territorio. Quando prospettato dal Dipartimento di P.S., ci appare un tentativo di “riorganizzazione” già proposto anni addietro, mascherato oggi dalla spending review del Governo, che non possiamo condividere, sia per il metodo utilizzato sia per i contenuti di merito, i quali dal nostro punto di vista, risentono di una strategia organizzativa complessiva che ha il respiro corto.
Le scelte concernenti i tagli della sicurezza devono rispondere a criteri di oggettiva aderenza delle mutate esigenze della società, con una specifica e puntale definizione di un rinnovato quadro di regole, competenze specialistiche e funzioni, rispetto agli obiettivi istituzionali di ogni singola Forza di Polizia civile o militare.
L’agenda del “ragioniere” in questo delicatissimo settore non paga e crea altre problematiche, tensioni e confusioni. Questa dovrebbe essere l’occasione per eliminare del tutto le sovrapposizioni di ruoli e interferenze varie, d’altronde le normative europee in materia di sicurezza e ordine pubblico già lo chiedono, le quali si traducono sovente in uno spreco di risorse ed energie professionali. Va perciò valorizzato il coordinamento delle Forze di Polizia sul territorio, ma attraverso l’univocità della direzione di tutte le forze in campo, cosicché il sistema possa reggere il passo con le mutate esigenze sociali e finanziarie; cosa che a oggi è solo rimasta scritto e non applicato nella legge 121/81.
Non è utopica la prospettiva di un’efficace razionalizzazione del sistema sicurezza Paese, ma non si può affrontare il tema con il distacco del professore o del tecnico poiché noi non siamo un’azienda privata, ma un’articolazione necessaria dello Stato, Noi siamo un pezzo importante di Stato.
Di fronte al dramma delle degenerazioni violente, del crimine organizzato e del terrorismo, sui poliziotti si scaricano tutte le tensioni sociali, politiche incombenti e irrisolte, che non hanno trovato soluzioni in altre sedi. La Polizia non può affrontare senza gli adeguati mezzi e un’organizzazione forte ed efficiente, se il Governo e il suo ministro dell’Interno non comprendono ciò, significa che non hanno la sensibilità politica e culturale per comprendere il nostro ruolo e il valore della nostra missione nello Stato democratico, allora è il caso che torni nelle università da dove sono venuti.
Rimane prioritario il confronto dialettico e sinergico tra chi è deputato nel Paese a produrre sicurezza e chi governa in nome del popolo, noi come cittadini e Sindacato dei Poliziotti, siamo una sua parte.
Chi è deputato a decidere delle sorti della sicurezza non può farlo nel dorato isolamento dei palazzi governativi, inevitabile quanto necessario è il dibattito con le rappresentanze degli Operatori della sicurezza.
Costatiamo che la via intrapresa anche da questo governo continua a considerare la sicurezza, una spesa e non un investimento, precondizione della tenuta democratica e condizione necessaria per lo sviluppo e la crescita del Paese. Se poi il Governo, dopo le nostre lamentele e indicazioni nelle sedi istituzionali preposte, dovesse continuare a essere sordo e cieco, è chiaro che noi del S.I.A.P. e dell’ANFP siamo determinati a farci sentire e notare, con tutti gli strumenti che la Costituzione Italiana ci consente di utilizzare.