mercoledì 8 maggio 2013

SIAP-ANFP AL MINISTRO ALFANO: CONTRATTO, RIORDINO E TUTELE.

I Segretari Generale SIAP Giuseppe Tiani e Nazionale ANFP Enzo Letizia hanno scritto una lettera al neo Ministro dell'Interno On.le Alfano, per chiedere un confronto e sottoporre alcune questioni che riguardano in modo diretto il Suo Dicastero che necessitano di soluzioni non più procrastinabili 


Signor Ministro,
Le sottoponiamo, con spirito costruttivo, alcune questioni che riguardono in modo diretto il Suo Dicastero che, a nostro parere, necessitano di soluzioni non più procrastinabili.
Blocco Economico e Contrattuale
Non Le nascondiamo la nostra preoccupazione per la paventata possibilità che il Governo proroghi fino al 31 dicembre 2014 il blocco dei rinnovi contrattuali e del relativo trattamento economico alle donne e agli uomini del Comparto Sicurezza e Difesa e di tutto il pubblico impiego, stretti tra la morsa del blocco contrattuale e dell’inflazione reale che inesorabilmente da anni erode il valore delle modeste retribuzioni.
Interpreteremo questo gesto come la conferma di una politica insensibile alle legittime esigenze del personale delle Forze di Polizia, che subisce da oltre tre anni mortificanti umiliazioni economiche e professionali, l’ultimo rinnovo contrattuale risale al biennio economico 2008-2009.
Questo Paese aveva e ha bisogno di una seria lotta agli sprechi e alla diffusa cultura della corruzione, non si può ridurre allo stremo le forze dell’ordine che si sentono abbandonate da tempo da chi governa il Paese.
Non possiamo sottacere che l’Esecutivo precedente non è stato capace di utilizzare neanche un euro del Fondo Unico Giustizia, come peraltro previsto dalla legge, per perequare gli effetti negativi del blocco delle progressioni economiche al personale del Comparto Sicurezza e Difesa.
Più volte, infatti, abbiamo richiamato l’attenzione del precedente Governo affinché si attivasse per incrementare il fondo destinato alla compensazione economica degli effetti negativi del blocco degli stipendi, previsti dai commi 1 e 21 dell’articolo 9 del D.L. 78/2010.
Giova ricordare che con l’art.8, comma 11 bis, del D.L. 78/2010, è stato istituito un fondo destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze di Polizia ed Armate, fondo che è stato incrementato con il D.L. 27/2011 per assicurare al personale interessato una compensazione economica conseguente agli effetti relativi all’applicazione del congelamento di alcuni elementi retributivi, di cui ai commi 1 e 21 dell’art. 9 del Decreto Legge n. 78/2010.
Come è noto, i fondi disponibili per l’anno 2011 sono stati sufficienti per assecondare tutte le esigenze del personale che hanno maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità c.d. “congelate” nello stesso 2011, mentre le somme disponibili sono del tutto insufficienti per gli anni 2012-2013. In merito, in sede di conversione del D.L. 26 marzo 2011, n. 27 il legislatore all’art. 1, comma 2, per reperire le somme necessarie al soddisfacimento delle esigenze ha previsto che: “ la dotazione del fondo di cui al comma 1 può essere ulteriormente incrementata, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con i Ministri della Difesa e dell’Interno con quota parte delle risorse corrispondenti alle minori spese effettuate, rispetto al precedente anno, in conseguenza delle missioni internazionali di pace, e delle risorse di cui al comma 7 lettera a), dell’art. 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143 convertito, con modificazioni dalla legge 13 novembre 2008 n, 181, relativo al Fondo unico giustizia”.
Fino ad oggi purtroppo dobbiamo costatare che, nonostante le discussioni parlamentari e le nostre reiterate sollecitazioni, non è stato attinto un centesimo dal FUG per le esigenze del personale e lo si è umiliato disattendendo le previsioni legislative, corrispondendogli una somma pari al 46% di quanto gli sarebbe spettato nell’anno 2012, mentre per il 2013, va detto con chiarezza, è notte fonda se non ci sarà un intervento governativo, al personale sarà versato poco più del 10% di quanto gli compete.
Al riguardo, i precedenti Governi, rivolgendosi ai Sindacati di Polizia, hanno affermato che gli stessi non comprendevano appieno il periodo che stiamo vivendo.
Signor Ministro, in tutta franchezza, ci sembra che i Governi che si sono succeduti non abbiano compreso appieno i sacrifici cui sono chiamati quotidianamente le donne e gli uomini esposti nel garantire la sicurezza di questo Paese e la fruibilità delle garanzie democratiche.
Riforma dei ruoli e delle qualifiche
Non è più procrastinabile un provvedimento di riordino dei ruoli della Polizia di Stato poiché la struttura organizzativa ha bisogno di una rimodulazione e di un ammodernamento mirati ad utilizzare al meglio il personale dipendente ed a riconoscere doverosamente professionalità ed oneri oggettivi, attraverso una mirata razionalizzazione e specifica valorizzazione delle risorse interne, che determini un processo virtuoso per migliorare la funzionalità degli uffici e l’attività finalizzata al raggiungimento dei compiti istituzionali, da quelli finali, più prettamente operativi, a quelli organizzativi, di supporto e di direzione di uffici complessi. Il processo di riordino risponde anche all’esigenza di adeguare l’ordinamento della Polizia di Stato alle rinnovate esigenze che la società dell’integrazione europea, multirazziale e del web richiede.
Al riguardo, si sottolinea come si sia creato un evidente sperequazione nei confronti del personale della Polizia di Stato che risulta gravemente penalizzato dai processi di riqualificazione intervenuti negli ultimi anni nel pubblico impiego e non solo, che hanno consentito al personale degli ex livelli IV, V, VI di accedere a posizioni funzionali superiori, anche in assenza del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno alla stessa funzione (es. accesso alle posizioni “direttive” C1 e C2), mentre si ricorda che il ruolo degli agenti e assistenti, oggi composto per oltre i 2/3 dell’organico dalla qualifica apicale degli assistenti capo che al momento non hanno trovato la possibilità di progredire sia economicamente che in carriera, appunto per via di un ordinamento del personale anacronistico.
Tale situazione ha reso ancora più complicata l’annosa questione sull’attuazione dell’art. 36 della legge n. 121 del 1981, in merito all’impiego del personale dell’Amministrazione civile dell’Interno negli uffici di polizia, determinando una conflittualità tra quest’ultimo personale e quello della Polizia di Stato, con una ricaduta negativa sulla funzionalità degli uffici e sull’ottimale impiego di tutto il personale disponibile. Il personale che risulta particolarmente penalizzato da tale situazione è quello del ruolo degli ispettori che si trova potenzialmente in una posizione “subordinata” rispetto al personale direttivo riqualificato, poiché quest’ultimo in precedenza apparteneva a ruoli funzionalmente subordinati a quello degli ispettori .
Ma la sperequazione più macroscopica si è peraltro concretizzata nei confronti degli attuali funzionari del ruolo dei commissari e corrispondenti ruoli tecnici e sanitari, che si trovano ad essere ricompresi nella medesima “area direttiva”, al pari del predetto personale riqualificato, nonostante siano previsti, per l’accesso al ruolo, titoli di studio che consentono oggi, nel pubblico impiego, l’accesso diretto alla dirigenza (es. carriera prefettizia, diplomatica e penitenziaria). Non possiamo sottacere l’insostenibile peso per l’assenza di un tavolo negoziale per la contrattualizzazione dei dirigenti delle forze di Polizia, unico caso in tutto il mondo del lavoro sia pubblico che privato, nonostante le copiose riforme varate negli ultimi anni sulla materia
Tutela degli operatori di polizia in ordine pubblico
Gli scontri di piazza dimostrano quotidianamente l’alto senso dello Stato e la professionalità delle donne e degli uomini della Polizia di Stato e delle altre Forze dell’Ordine nel garantire la libertà di manifestare e la sicurezza dei pacifici dimostranti.
Il diritto di manifestare le proprie opinioni ed il proprio dissenso è e deve restare inviolabile. Questa non è solo una volontà costituzionale, ma anche una nostra intima convinzione come di tutti quelli che sono chiamati, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, per cui è necessario che le forze di polizia, senza tentennamenti, siano messe nelle condizioni di operare nella massima serenità.
Da qualche tempo cerchiamo di spiegare che il mantenimento dell’ordine pubblico può richiedere interventi repressivi con l’uso controllato e proporzionale della forza, come soltanto le forze di polizia addestrate sanno fare. Al riguardo servono risorse finanziarie per l’assunzione di giovani poliziotti, per l’acquisto di mezzi e strumenti efficienti, finalizzati a contrastare chi abbandonando il dialogo ha scelto la via della violenza contro le istituzioni democratiche.
Riteniamo, altresì, improcrastinabile un intervento normativo sia a garanzia delle forze di polizia impegnate in ordine pubblico, sia a tutela di tutti quelli che intendano manifestare pacificamente il proprio dissenso. La rivisitazione normativa della disciplina contro la violenza nelle manifestazioni pubbliche va accompagnata, altresì, da un chiarimento normativo per l’applicazione delle scriminanti previste dagli articoli 51, 52 e 53 c.p. per le forze di polizia che operano in servizi di ordine pubblico, poiché non si può sottacere che a volte l’eccessivo rigore con cui esse sono applicate finisce per aprire la via a numerosi processi penali nei confronti degli operatori di polizia di ogni grado, qualifica e funzione, impegnati in delicati e pericolosi servizi di o.p. Non chiediamo ovviamente una deroga alla legge o l’impunità per gli operatori di polizia né la legittimazione degli abusi, ma una reale tutela allorquando si agisce per far rispettare la legge in condizioni di oggettiva e particolare difficoltà.
Sarebbe, infine, oltremodo necessaria ed opportuna una diversa formazione anche dei Magistrati per una compiuta e reale lettura di tali fenomeni, così come ha già fatto la Polizia di Stato con la scuola di formazione per l’Ordine Pubblico. In conclusione auspichiamo, dunque, una effettiva tutela legale ed una formazione congiunta tra magistrati e polizia come già avviene in Francia in tema di ordine pubblico.

Roma, 8 maggio 2013