I Segretari Generale SIAP Giuseppe Tiani e Nazionale ANFP Enzo Letizia hanno scritto una lettera al neo Ministro dell'Interno On.le Alfano, per chiedere un confronto e sottoporre alcune questioni che riguardano in modo diretto il Suo Dicastero che necessitano di soluzioni non più procrastinabili
Signor Ministro,
Le sottoponiamo, con spirito costruttivo, alcune questioni che riguardono in modo diretto il Suo Dicastero che, a nostro parere, necessitano di soluzioni non più procrastinabili.
Blocco Economico e Contrattuale
Non
Le nascondiamo la nostra preoccupazione per la paventata possibilità
che il Governo proroghi fino al 31 dicembre 2014 il blocco dei rinnovi
contrattuali e del relativo trattamento economico alle donne e agli
uomini del Comparto Sicurezza e Difesa e di tutto il pubblico impiego,
stretti tra la morsa del blocco contrattuale e dell’inflazione reale che
inesorabilmente da anni erode il valore delle modeste retribuzioni.
Interpreteremo questo gesto come la conferma di una politica insensibile alle legittime esigenze del personale delle Forze di Polizia, che subisce da oltre tre anni mortificanti umiliazioni economiche e professionali, l’ultimo rinnovo contrattuale risale al biennio economico 2008-2009.
Questo Paese aveva e ha bisogno di una seria lotta agli sprechi e alla diffusa cultura della corruzione, non si può ridurre allo stremo le forze dell’ordine che si sentono abbandonate da tempo da chi governa il Paese.
Interpreteremo questo gesto come la conferma di una politica insensibile alle legittime esigenze del personale delle Forze di Polizia, che subisce da oltre tre anni mortificanti umiliazioni economiche e professionali, l’ultimo rinnovo contrattuale risale al biennio economico 2008-2009.
Questo Paese aveva e ha bisogno di una seria lotta agli sprechi e alla diffusa cultura della corruzione, non si può ridurre allo stremo le forze dell’ordine che si sentono abbandonate da tempo da chi governa il Paese.
Non
possiamo sottacere che l’Esecutivo precedente non è stato capace di
utilizzare neanche un euro del Fondo Unico Giustizia, come peraltro
previsto dalla legge, per perequare gli effetti negativi del blocco
delle progressioni economiche al personale del Comparto Sicurezza e
Difesa.
Più volte, infatti, abbiamo richiamato l’attenzione del
precedente Governo affinché si attivasse per incrementare il fondo
destinato alla compensazione economica degli effetti negativi del blocco
degli stipendi, previsti dai commi 1 e 21 dell’articolo 9 del D.L.
78/2010.
Giova ricordare che con l’art.8, comma 11 bis, del D.L.
78/2010, è stato istituito un fondo destinato al finanziamento di misure
perequative per il personale delle Forze di Polizia ed Armate, fondo
che è stato incrementato con il D.L. 27/2011 per assicurare al personale
interessato una compensazione economica conseguente agli effetti
relativi all’applicazione del congelamento di alcuni elementi
retributivi, di cui ai commi 1 e 21 dell’art. 9 del Decreto Legge n.
78/2010.
Come è noto, i fondi disponibili per l’anno 2011 sono
stati sufficienti per assecondare tutte le esigenze del personale che
hanno maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità c.d.
“congelate” nello stesso 2011, mentre le somme disponibili sono del
tutto insufficienti per gli anni 2012-2013. In merito, in sede di
conversione del D.L. 26 marzo 2011, n. 27 il legislatore all’art. 1,
comma 2, per reperire le somme necessarie al soddisfacimento delle
esigenze ha previsto che: “ la dotazione del fondo di cui al comma 1 può
essere ulteriormente incrementata, con decreto del Ministro
dell’Economia e delle Finanze di concerto con i Ministri della Difesa e
dell’Interno con quota parte delle risorse corrispondenti alle minori
spese effettuate, rispetto al precedente anno, in conseguenza delle
missioni internazionali di pace, e delle risorse di cui al comma 7
lettera a), dell’art. 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143
convertito, con modificazioni dalla legge 13 novembre 2008 n, 181,
relativo al Fondo unico giustizia”.
Fino ad oggi purtroppo
dobbiamo costatare che, nonostante le discussioni parlamentari e le
nostre reiterate sollecitazioni, non è stato attinto un centesimo dal
FUG per le esigenze del personale e lo si è umiliato disattendendo le
previsioni legislative, corrispondendogli una somma pari al 46% di
quanto gli sarebbe spettato nell’anno 2012, mentre per il 2013, va detto
con chiarezza, è notte fonda se non ci sarà un intervento governativo,
al personale sarà versato poco più del 10% di quanto gli compete.
Al riguardo, i precedenti Governi, rivolgendosi ai Sindacati di Polizia, hanno affermato che gli stessi non comprendevano appieno il periodo che stiamo vivendo.
Signor Ministro, in tutta franchezza, ci sembra che i Governi che si sono succeduti non abbiano compreso appieno i sacrifici cui sono chiamati quotidianamente le donne e gli uomini esposti nel garantire la sicurezza di questo Paese e la fruibilità delle garanzie democratiche.
Riforma dei ruoli e delle qualifiche
Al riguardo, i precedenti Governi, rivolgendosi ai Sindacati di Polizia, hanno affermato che gli stessi non comprendevano appieno il periodo che stiamo vivendo.
Signor Ministro, in tutta franchezza, ci sembra che i Governi che si sono succeduti non abbiano compreso appieno i sacrifici cui sono chiamati quotidianamente le donne e gli uomini esposti nel garantire la sicurezza di questo Paese e la fruibilità delle garanzie democratiche.
Riforma dei ruoli e delle qualifiche
Non è più
procrastinabile un provvedimento di riordino dei ruoli della Polizia di
Stato poiché la struttura organizzativa ha bisogno di una rimodulazione e
di un ammodernamento mirati ad utilizzare al meglio il personale
dipendente ed a riconoscere doverosamente professionalità ed oneri
oggettivi, attraverso una mirata razionalizzazione e specifica
valorizzazione delle risorse interne, che determini un processo virtuoso
per migliorare la funzionalità degli uffici e l’attività finalizzata al
raggiungimento dei compiti istituzionali, da quelli finali, più
prettamente operativi, a quelli organizzativi, di supporto e di
direzione di uffici complessi. Il processo di riordino risponde anche
all’esigenza di adeguare l’ordinamento della Polizia di Stato alle
rinnovate esigenze che la società dell’integrazione europea,
multirazziale e del web richiede.
Al riguardo, si sottolinea come si sia creato un evidente sperequazione nei confronti del personale della Polizia di Stato che risulta gravemente penalizzato dai processi di riqualificazione intervenuti negli ultimi anni nel pubblico impiego e non solo, che hanno consentito al personale degli ex livelli IV, V, VI di accedere a posizioni funzionali superiori, anche in assenza del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno alla stessa funzione (es. accesso alle posizioni “direttive” C1 e C2), mentre si ricorda che il ruolo degli agenti e assistenti, oggi composto per oltre i 2/3 dell’organico dalla qualifica apicale degli assistenti capo che al momento non hanno trovato la possibilità di progredire sia economicamente che in carriera, appunto per via di un ordinamento del personale anacronistico.
Al riguardo, si sottolinea come si sia creato un evidente sperequazione nei confronti del personale della Polizia di Stato che risulta gravemente penalizzato dai processi di riqualificazione intervenuti negli ultimi anni nel pubblico impiego e non solo, che hanno consentito al personale degli ex livelli IV, V, VI di accedere a posizioni funzionali superiori, anche in assenza del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno alla stessa funzione (es. accesso alle posizioni “direttive” C1 e C2), mentre si ricorda che il ruolo degli agenti e assistenti, oggi composto per oltre i 2/3 dell’organico dalla qualifica apicale degli assistenti capo che al momento non hanno trovato la possibilità di progredire sia economicamente che in carriera, appunto per via di un ordinamento del personale anacronistico.
Tale situazione ha reso ancora più
complicata l’annosa questione sull’attuazione dell’art. 36 della legge
n. 121 del 1981, in merito all’impiego del personale
dell’Amministrazione civile dell’Interno negli uffici di polizia,
determinando una conflittualità tra quest’ultimo personale e quello
della Polizia di Stato, con una ricaduta negativa sulla funzionalità
degli uffici e sull’ottimale impiego di tutto il personale disponibile.
Il personale che risulta particolarmente penalizzato da tale situazione è
quello del ruolo degli ispettori che si trova potenzialmente in una
posizione “subordinata” rispetto al personale direttivo riqualificato,
poiché quest’ultimo in precedenza apparteneva a ruoli funzionalmente
subordinati a quello degli ispettori .
Ma la sperequazione più
macroscopica si è peraltro concretizzata nei confronti degli attuali
funzionari del ruolo dei commissari e corrispondenti ruoli tecnici e
sanitari, che si trovano ad essere ricompresi nella medesima “area
direttiva”, al pari del predetto personale riqualificato, nonostante
siano previsti, per l’accesso al ruolo, titoli di studio che consentono
oggi, nel pubblico impiego, l’accesso diretto alla dirigenza (es.
carriera prefettizia, diplomatica e penitenziaria). Non possiamo
sottacere l’insostenibile peso per l’assenza di un tavolo negoziale per
la contrattualizzazione dei dirigenti delle forze di Polizia, unico
caso in tutto il mondo del lavoro sia pubblico che privato, nonostante
le copiose riforme varate negli ultimi anni sulla materia
Tutela degli operatori di polizia in ordine pubblico
Tutela degli operatori di polizia in ordine pubblico
Gli
scontri di piazza dimostrano quotidianamente l’alto senso dello Stato e
la professionalità delle donne e degli uomini della Polizia di Stato e
delle altre Forze dell’Ordine nel garantire la libertà di manifestare e
la sicurezza dei pacifici dimostranti.
Il diritto di manifestare le proprie opinioni ed il proprio dissenso è e deve restare inviolabile. Questa non è solo una volontà costituzionale, ma anche una nostra intima convinzione come di tutti quelli che sono chiamati, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, per cui è necessario che le forze di polizia, senza tentennamenti, siano messe nelle condizioni di operare nella massima serenità.
Da qualche tempo cerchiamo di spiegare che il mantenimento dell’ordine pubblico può richiedere interventi repressivi con l’uso controllato e proporzionale della forza, come soltanto le forze di polizia addestrate sanno fare. Al riguardo servono risorse finanziarie per l’assunzione di giovani poliziotti, per l’acquisto di mezzi e strumenti efficienti, finalizzati a contrastare chi abbandonando il dialogo ha scelto la via della violenza contro le istituzioni democratiche.
Riteniamo, altresì, improcrastinabile un intervento normativo sia a garanzia delle forze di polizia impegnate in ordine pubblico, sia a tutela di tutti quelli che intendano manifestare pacificamente il proprio dissenso. La rivisitazione normativa della disciplina contro la violenza nelle manifestazioni pubbliche va accompagnata, altresì, da un chiarimento normativo per l’applicazione delle scriminanti previste dagli articoli 51, 52 e 53 c.p. per le forze di polizia che operano in servizi di ordine pubblico, poiché non si può sottacere che a volte l’eccessivo rigore con cui esse sono applicate finisce per aprire la via a numerosi processi penali nei confronti degli operatori di polizia di ogni grado, qualifica e funzione, impegnati in delicati e pericolosi servizi di o.p. Non chiediamo ovviamente una deroga alla legge o l’impunità per gli operatori di polizia né la legittimazione degli abusi, ma una reale tutela allorquando si agisce per far rispettare la legge in condizioni di oggettiva e particolare difficoltà.
Sarebbe, infine, oltremodo necessaria ed opportuna una diversa formazione anche dei Magistrati per una compiuta e reale lettura di tali fenomeni, così come ha già fatto la Polizia di Stato con la scuola di formazione per l’Ordine Pubblico. In conclusione auspichiamo, dunque, una effettiva tutela legale ed una formazione congiunta tra magistrati e polizia come già avviene in Francia in tema di ordine pubblico.
Il diritto di manifestare le proprie opinioni ed il proprio dissenso è e deve restare inviolabile. Questa non è solo una volontà costituzionale, ma anche una nostra intima convinzione come di tutti quelli che sono chiamati, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, per cui è necessario che le forze di polizia, senza tentennamenti, siano messe nelle condizioni di operare nella massima serenità.
Da qualche tempo cerchiamo di spiegare che il mantenimento dell’ordine pubblico può richiedere interventi repressivi con l’uso controllato e proporzionale della forza, come soltanto le forze di polizia addestrate sanno fare. Al riguardo servono risorse finanziarie per l’assunzione di giovani poliziotti, per l’acquisto di mezzi e strumenti efficienti, finalizzati a contrastare chi abbandonando il dialogo ha scelto la via della violenza contro le istituzioni democratiche.
Riteniamo, altresì, improcrastinabile un intervento normativo sia a garanzia delle forze di polizia impegnate in ordine pubblico, sia a tutela di tutti quelli che intendano manifestare pacificamente il proprio dissenso. La rivisitazione normativa della disciplina contro la violenza nelle manifestazioni pubbliche va accompagnata, altresì, da un chiarimento normativo per l’applicazione delle scriminanti previste dagli articoli 51, 52 e 53 c.p. per le forze di polizia che operano in servizi di ordine pubblico, poiché non si può sottacere che a volte l’eccessivo rigore con cui esse sono applicate finisce per aprire la via a numerosi processi penali nei confronti degli operatori di polizia di ogni grado, qualifica e funzione, impegnati in delicati e pericolosi servizi di o.p. Non chiediamo ovviamente una deroga alla legge o l’impunità per gli operatori di polizia né la legittimazione degli abusi, ma una reale tutela allorquando si agisce per far rispettare la legge in condizioni di oggettiva e particolare difficoltà.
Sarebbe, infine, oltremodo necessaria ed opportuna una diversa formazione anche dei Magistrati per una compiuta e reale lettura di tali fenomeni, così come ha già fatto la Polizia di Stato con la scuola di formazione per l’Ordine Pubblico. In conclusione auspichiamo, dunque, una effettiva tutela legale ed una formazione congiunta tra magistrati e polizia come già avviene in Francia in tema di ordine pubblico.
Roma, 8 maggio 2013