23/01/2016 TERREMOTO AL VIMINALE
Gare pilotate per 50 milioni di euro Pansa denuncia il marcio in polizia
Il capo della Ps accerta duplicazioni nelle fatture. La Finanza scopre irregolarità per 50 milioni. Lavori "sospetti" a casa dei dirigenti.
Appalti pilotati, false fatturazioni e consulenze false. È stato
scoperchiato un vaso di Pandora sui lavori eseguiti al centro sportivo
della Polizia di Stato «Tor di Quinto», a Roma. Una serie di illegalità
sono proliferate per anni con la complicità, o quanto meno con il
silenzio-assenso, di chi per mestiere lavora per la tutela della
legalità. La denuncia alla Procura è partita dal capo della Polizia in
persona, Alessandro Pansa. Un’indagine scottante ed estremamente
delicata, rimasta finora top-secret. Basti pensare che tra gli indagati
ci sono dirigenti e funzionari della Polizia, che, in cambio di lavori
di ristrutturazione nelle proprie abitazioni private, avrebbero favorito
per anni gli stessi imprenditori. La vicenda prende il via quando viene
portato sotto gli occhi di Pansa un faldone contenente una serie di
fatture duplicate per i lavori eseguiti nelle strutture della Polizia e,
in particolare, nel centro sportivo «Tor di Quinto». In quanto
presidente del Fondo di assistenza per il personale della Polizia di
Stato (Faps), Pansa blocca i pagamenti alle aziende fornitrici e decide
di denunciare il gruppo di imprese che fa a capo all’imprenditore
Giuseppe T. Nel frattempo, quest’ultimo chiede al Tribunale civile di
Roma l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del Faps per i
mancati pagamenti. Sulla base della denuncia del Capo della Polizia, la
Procura apre immediatamente un fascicolo, affidato ai sostituti
procuratori Giuseppe Deodato e Giorgio Orano. La delega d’indagine viene
assegnata alla Guardia di Finanza.
Nel corso degli accertamenti i finanzieri scoprono che oltre alla
duplicazione delle fatture sarebbero state commesse svariate violazioni
nell’assegnazione degli appalti che il Faps e il dipartimento di Polizia
(dal 2000 al 2009) hanno erogato a favore del gruppo imprenditoriale di
Giuseppe T. Si tratta di appalti per un valore complessivo di oltre 50
milioni di euro, tutti volutamente frazionati per importi inferiori a 50
mila euro al fine di evitare le gare a evidenza pubblica e, quindi,
tagliare fuori la concorrenza. Oltre il danno la beffa: questi lavori,
infatti, non sono mai stati ultimati, se non per una piccola parte.
Dalle indagini, inoltre, emerge che, per giustificare questi lavori e
per abbattere le spese, le società dell’imprenditore si sarebbero
servite di fatture per operazioni inesistenti emesse da due società
riconducibili a Leonardo C. La stessa Agenzia delle entrate ha
contestato al gruppo l’utilizzo di fatture false. Sono nati quindi vari
filoni d’indagine su questo specifico aspetto, sfociati, tuttavia,
nell’archiviazione della posizione dell’imprenditore sotto il profilo
penale e tributario. Peccato però che, nel corso degli approfondimenti
investigativi, la Finanza scopre che le memorie difensive presentate
dalla professoressa Daniela S., consulente di parte, sarebbero state
redatte con date e notizie non rispondenti al vero e allegando documenti
falsi. La svolta nelle indagini arriva quando viene sentito dai pm
Leonardo C. L’imprenditore è in affari con il socio Giuseppe T., che si è
aggiudicato per anni le commesse dal Fondo di assistenza per il
personale di Ps e dal dipartimento di Polizia per un totale di 50
milioni di euro. Leonardo C. avrebbe ammesso che sono state emesse
fatture false per lavori in subappalto mai effettuati. Addirittura,
avrebbe svelato ai magistrati che sono stati eseguiti dei lavori a casa
di dirigenti e funzionari di Polizia, probabilmente per assicurarsi una
corsia privilegiata nell’assegnazione degli appalti. Al termine di
questi accertamenti, sono stati denunciati alla Procura 15 soggetti, tra
imprenditori, consulenti di parte, funzionari e dirigenti della Polizia
di Stato, coinvolti a vario titolo nei reati di turbativa d’asta,
truffa, estorsione, bancarotta fraudolenta e falso.