Violenze al Cie, Polizia contro Manconi. Ampio risalto alla ferma presa di posizione del Siap di fronte alle superficiali accuse del senatore Manconi.
Le forze dell'ordine respingono le accuse di presunti abusi e
pestaggi all'interno della struttura torinese. "Non siamo carnefici.
Abbiamo sempre operato assicurando legalità e rispetto, pur tra notevoli
disagi". E concordano sulla necessità di nuove soluzioni

«Da
chi ha un ruolo istituzionale ci aspetteremmo più senso di
responsabilità e più cautela nel farsi portavoce di denunce così pesanti
e, dato il contesto, così strumentalizzabili». Pietro Di Lorenzo, segretario del Siap provinciale, sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato, reagisce con sdegno alle parole pronunciate dal senatore Luigi Manconi al termine dell’ispezione
odierna condotta al Cie di corso Brunelleschi dalla delegazione
parlamentare. Il presidente della Commissione diritti umani di Palazzo
Madama ha riferito episodi di violenza, segnalati dagli stessi
“trattenuti” nella struttura, che pur privi di riscontri oggettivi, per i
dettagli riportati e le convergenze nelle diverse ricostruzioni fatte a
lui e ai suoi collaborati, «abbiano un fondamento di verità».
Versione contestata dai rappresentanti delle forze dell’ordine. «Le
parole del senatore Manconi al termine della sua visita odierna al Cie
di Torino circa pestaggi, violenze e abusi sono gravi perché, essendo
prive di riscontri, gettano un marchio di infamia sugli operatori delle
forze di Polizia che da moltissimi anni operano tra mille difficoltà in
quella struttura». Siap come le altre sigle concordano sulla «inutilità e
gravità dell’introduzione del reato di immigrazione clandestina e del
prolungamento fino a 18 mesi della permanenza nei Cie ai fini
dell’identificazione». E proprio per questa ragione, specifica Di
Lorenzo, «non ci stiamo, in questa ondata mediatico-emotiva, a vedere
descritti i colleghi che operano nei centri di varia natura come
violenti carnefici» .
Occorre
però ristabilire le esatte dimensioni del problema, a partire dalle
strumentalizzazioni che soprattutto le frange dell’estremismo
antagonista mettono in opera fomentando, anche sui centri di
identificazione e espulsione, la ribellione. «Quello che si dimenticano
sempre di dire è che al Cie di Torino non ci sono venditori di rose o
badanti rimaste senza lavoro ma, per la maggior parte, pluri
pregiudicati della cui presenza i Paesi di origine fanno a meno molto
volentieri», attacca l’esponente del Siap. «In ogni caso è bene
sottolineare che mai, dall’apertura del centro di Torino, c’è stato il
minimo riscontro alle denunce che, in modo strumentale e interessato,
sono state avanzate in varie forme anche all’autorità giudiziaria circa
violenze sui trattenuti», aggiunge Di Lorenzo. «Semmai le varie indagini
e inchieste hanno sempre dimostrato che, pur tra i mille problemi
creati dalla tipologia di struttura e dalle devastazioni operate dagli
stessi trattenuti, è stato fatto anche l’impossibile per assicurare
sempre a tutti un trattamento umano».
Infine, la censura a Manconi: « Che il senatore trovi un clima pesante a
causa dell’eccessiva militarizzazione rientra nell’ambito delle proprie
legittime opinioni - conclude -. Ma riportare, facendosi portavoce
senza alcun preventivo approfondimento, accuse tanto pesanti e
indimostrate lo riteniamo di una gravità inaudita per le ripercussioni
che hanno nell’opinione pubblica».
«Io
sono il presidente della Commissione straordinaria del Senato per la
tutela e la promozione dei diritti umani e se, quando visito un carcere o
un Cie, le persone dicono di aver subito violenze, io non posso tenerlo
per me, devo riferirlo all’esterno. E l’ho fatto con la massima
prudenza», ribatte Manconi. «Un certo numero di persone trattenute nel
Cie - continua - hanno parlato di violenze e di pestaggi. Ho spiegato
che non avevo documentazione per poter provare quanto mi era stato
riferito e che riportavo verità parziali. Chiamo a testimone il
viceprefetto e il rappresentante della questura della correttezza e del
rigore con il quale ho riportato le cose che mi sono state dette. Io non
ho insultato, diffamato o accusato alcuno - sottolinea -. A me e
all’altro senatore che era con me, Miguel Gotor, e ai miei collaboratori
e alle mie collaboratrici sono state riferite delle cose, e le abbiamo
riportate».