lunedì 10 febbraio 2014

Violenze al Cie, Polizia contro Manconi. Ampio risalto alla ferma presa di posizione del Siap di fronte alle superficiali accuse del senatore Manconi.

Le forze dell'ordine respingono le accuse di presunti abusi e pestaggi all'interno della struttura torinese. "Non siamo carnefici. Abbiamo sempre operato assicurando legalità e rispetto, pur tra notevoli disagi". E concordano sulla necessità di nuove soluzioni

«Da chi ha un ruolo istituzionale ci aspetteremmo più senso di responsabilità e più cautela nel farsi portavoce di denunce così pesanti e, dato il contesto, così strumentalizzabili». Pietro Di Lorenzo, segretario del Siap provinciale, sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato, reagisce con sdegno alle parole pronunciate dal senatore Luigi Manconi al termine dell’ispezione odierna condotta al Cie di corso Brunelleschi dalla delegazione parlamentare. Il presidente della Commissione diritti umani di Palazzo Madama ha riferito episodi di violenza, segnalati dagli stessi “trattenuti” nella struttura, che pur privi di riscontri oggettivi, per i dettagli riportati e le convergenze nelle diverse ricostruzioni fatte a lui e ai suoi collaborati, «abbiano  un fondamento di verità».
 
Versione contestata dai rappresentanti delle forze dell’ordine. «Le parole del senatore Manconi al termine della sua visita odierna al Cie di Torino circa pestaggi, violenze e abusi sono gravi perché, essendo prive di riscontri, gettano un marchio di infamia sugli operatori delle forze di Polizia che da moltissimi anni operano tra mille difficoltà in quella struttura». Siap come le altre sigle concordano sulla «inutilità e gravità dell’introduzione del reato di immigrazione clandestina e del prolungamento fino a 18 mesi della permanenza nei Cie ai fini dell’identificazione». E proprio per questa ragione, specifica Di Lorenzo, «non ci stiamo, in questa ondata mediatico-emotiva, a vedere descritti i colleghi che operano nei centri di varia natura come violenti carnefici» .
 
Occorre però ristabilire le esatte dimensioni del problema, a partire dalle strumentalizzazioni che soprattutto le frange dell’estremismo antagonista mettono in opera fomentando, anche sui centri di identificazione e espulsione, la ribellione. «Quello che si dimenticano sempre di dire è che al Cie di Torino non ci sono venditori di rose o badanti rimaste senza lavoro ma, per la maggior parte, pluri pregiudicati della cui presenza i Paesi di origine fanno a meno molto volentieri», attacca l’esponente del Siap. «In ogni caso è bene sottolineare che mai, dall’apertura del centro di Torino, c’è stato il minimo riscontro alle denunce che, in modo strumentale e interessato, sono state avanzate in varie forme anche all’autorità giudiziaria circa violenze sui trattenuti», aggiunge Di Lorenzo. «Semmai le varie indagini e inchieste hanno sempre dimostrato che, pur tra i mille problemi creati dalla tipologia di struttura e dalle devastazioni operate dagli stessi trattenuti, è stato fatto anche l’impossibile per assicurare sempre a tutti un trattamento umano».
 
Infine, la censura a Manconi: « Che il senatore trovi un clima pesante a causa dell’eccessiva militarizzazione rientra nell’ambito delle proprie legittime opinioni - conclude -. Ma riportare, facendosi portavoce senza alcun preventivo approfondimento, accuse tanto pesanti e indimostrate lo riteniamo di una gravità inaudita per le ripercussioni che hanno nell’opinione pubblica».
 
«Io sono il presidente della Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani e se, quando visito un carcere o un Cie, le persone dicono di aver subito violenze, io non posso tenerlo per me, devo riferirlo all’esterno. E l’ho fatto con la massima prudenza», ribatte Manconi. «Un certo numero di persone trattenute nel Cie - continua - hanno parlato di violenze e di pestaggi. Ho spiegato che non avevo documentazione per poter provare quanto mi era stato riferito e che riportavo verità parziali. Chiamo a testimone il viceprefetto e il rappresentante della questura della correttezza e del rigore con il quale ho riportato le cose che mi sono state dette. Io non ho insultato, diffamato o accusato alcuno - sottolinea -. A me e all’altro senatore che era con me, Miguel Gotor, e ai miei collaboratori e alle mie collaboratrici sono state riferite delle cose, e le abbiamo riportate».